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Il Viaggio di Nozze

La camera era immersa nel buio, interrotto solo dalla luce debole che filtrava dalle persiane. Michele e Stefania erano distesi sul letto, ognuno rivolto verso l’altro. Non c’era televisione, né rumori: solo il ronzio lontano del frigorifero e il ritmo lento dei loro respiri.

Michele le accarezzava distrattamente il braccio, come faceva quando non aveva voglia di dormire. Stefania fissava il soffitto, silenziosa, con lo sguardo assente.

«C’è una cosa che non ti ho mai raccontato,» disse all’improvviso, a voce bassa.

Michele smise di muovere la mano. «Che cosa?»

Stefania esitò, si morse il labbio. «Non è facile da dire. Non è come gli altri racconti… questa volta non c’è malizia. C’è solo vergogna.»

Michele la fissò, il cuore già più veloce. «Se non vuoi…»

«No,» lo interruppe lei, stringendo le lenzuola. «Sei l’unico uomo al quale posso confessarlo. E forse è giusto che tu lo sappia.»

Abbassò lo sguardo, la voce appena un sussurro. «È successo durante il mio viaggio di nozze.»


«Avevo trent’anni,» cominciò Stefania, tenendo gli occhi bassi, «ed ero in viaggio di nozze col mio ex marito. Un villaggio turistico al mare, quei posti dove tutto sembra leggero: buffet, spettacoli serali, cocktail dolci che sanno più di zucchero che di alcol.»

Si fermò un attimo, inspirando. «Una sera, dopo cena, lui ha detto che era stanco e voleva andare a dormire. Io invece sono rimasta al bar, seduta vicino al palco dove finivano le animazioni. Non avevo voglia di rientrare subito. Mi sentivo irrequieta, agitata senza motivo.»

Michele non parlava, ma lo sguardo era fisso su di lei. Stefania proseguì, la voce bassa: «C’era Giulio, uno degli animatori. Ventotto anni, fisico da palestra, abbronzato, la camicia aperta sul petto. Mi ha notata e si è avvicinato. All’inizio mi ha fatto ridere con due battute, mi ha offerto da bere. Sembrava un gioco innocuo, un modo per intrattenere gli ospiti.»

Si passò la mano tra i capelli, nervosa. «Ma il tono è cambiato subito. Mi ha guardato in un modo che non lasciava dubbi. Io avrei potuto alzarmi e tornare in camera. Avrei dovuto. Invece sono rimasta lì, con il bicchiere in mano, il cuore che batteva forte. E quando mi ha detto di seguirlo dietro le quinte, io l’ho fatto.»


«Mi ha condotta nella zona riservata allo staff,» continuò Stefania, la voce sempre più bassa. «Un corridoio stretto, la moquette consumata, l’odore di disinfettante mescolato a sudore e vestiti umidi. Ha aperto una porta qualunque: una cameretta piccola, con un letto disfatto e un ventilatore che ronzava.»

Fece una pausa, serrando le labbra. «Appena dentro ha chiuso la porta e mi ha afferrata per la vita. Non c’è stato tempo per parlare, né per pensarci. Mi ha baciata con foga, la bocca invadente, le mani che già salivano sotto il vestito. Io l’ho lasciato fare. Ero tesa, il cuore in gola, ma non mi sono staccata.»

Michele deglutì a vuoto, ma non disse nulla. Stefania lo guardò appena un istante, poi abbassò gli occhi. «Mi ha spinta verso il letto, con una decisione che non lasciava spazio. Non c’è stato romanticismo, niente frasi dolci. Solo il suo corpo contro il mio, e io che non trovavo la forza di dire basta.»

Inspirò, come per farsi coraggio. «Avrei potuto fermarlo, Michele. Ma non l’ho fatto.»


«Mi ha girata di spalle senza dire niente,» continuò Stefania, con un filo di voce. «Il vestito sollevato in fretta, le mutandine tirate di lato. Non ha chiesto, non ha cercato di essere gentile. Mi ha piegata sul letto e mi è entrato dentro di colpo.»

Chiuse gli occhi, come se rivivere quel ricordo le pesasse davvero. «Non aveva un preservativo. Non ci ha pensato nemmeno un secondo. E io… non ho reagito. Sono rimasta lì, a pecorina, con il respiro spezzato e il cuore che mi martellava. Dentro di me una voce urlava che era sbagliato, che a pochi metri c’era mio marito che dormiva. Ma un’altra parte del mio corpo rispondeva diversamente.»

Michele serrò la mascella, e Stefania abbassò lo sguardo. «Spingeva forte, deciso. Io gemevo sottovoce, senza volerlo, e quello mi fece sentire ancora più sporca. Non volevo goderne, ma lo facevo. Sentivo ogni colpo, la pelle calda, l’odore del suo sudore che mi restava addosso. Mi sono lasciata trascinare. Sono venuta, Michele. Sono venuta piegata su quel letto di un villaggio turistico, con un altro uomo dentro di me, mentre mio marito dormiva.»

La voce le tremò. «E subito dopo ho sentito lui irrigidirsi. Ha affondato più a fondo e ha lasciato andare tutto dentro di me. Senza precauzioni, senza pensare a nulla. Solo cazzo e sborra dentro la moglie di un altro.»


La stanza era silenziosa. Stefania rimase un attimo immobile, gli occhi persi nel buio, la voce ridotta a un soffio.

«Quando lui si è staccato, mi sono rivestita in fretta. Non ci siamo detti nulla. Ho lasciato la stanza e sono tornata in camera. Mio marito dormiva già. Io mi sono infilata accanto a lui con addosso l’odore e lo sperma di un altro uomo. È stata la cosa più sporca della mia vita, Michele. E da allora non c’è giorno che non me lo ricordi.»

Si voltò verso di lui, gli occhi lucidi. «Non c’è orgoglio in quello che ti sto dicendo. Solo vergogna. Ma volevo che tu lo sapessi, perché non ho mai avuto il coraggio di dirlo a nessuno.»

Michele restò in silenzio, lo sguardo fisso sul soffitto. Aveva lo stomaco chiuso, la mente invasa da immagini che non voleva ma che non poteva scacciare. Eppure, sotto la gelosia che lo divorava, c’era una fitta diversa: la certezza che Stefania lo aveva scelto come unico custode di quel segreto.

Allungò la mano e le sfiorò le dita, senza dire niente. Stefania intrecciò la sua, stretta. Rimasero così, vicini ma ognuno nei propri pensieri, finché il sonno li prese lentamente.

Image by tirachardz on Freepik

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