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Due uomini nello stesso giorno

Era una sera qualunque, di quelle lente e pigre. Stefania indossava una tuta morbida da casa, i capelli raccolti in una coda disordinata, gli occhiali che di solito usava per leggere. Si era buttata sul divano accanto a Michele, a piedi nudi, con l’aria rilassata di chi non ha alcuna voglia di essere seduttiva.

Proprio per questo, Michele la guardava con un desiderio che gli stringeva lo stomaco. La voleva così: naturale, senza scenografie. La voleva e basta.

Abbassò il libro che teneva sulle ginocchia e la fissò. «Hai voglia di raccontarmi qualcosa?» disse con voce roca, quasi incerta.

Stefania sollevò lo sguardo, sorpresa. «Adesso?»

«Sì. Non importa cosa. Ma voglio che sia vero, e voglio i dettagli.»

Lei sorrise appena, un sorriso lento, che le fece brillare gli occhi dietro le lenti. «Sei sicuro, Michele? Non è una storiella leggera quella che ho in mente.»

Lui si sporse verso di lei, la mano già in cerca della sua coscia sotto la stoffa morbida della tuta. «Sai che lo voglio. Voglio tutto. Senza filtri.»

Stefania restò qualche secondo in silenzio, come a valutare se dirglielo davvero. Poi tolse gli occhiali, li lasciò sul tavolino e gli prese la mano, guidandola tra le gambe. Il tessuto leggero non opponeva resistenza: lui sentì subito il calore che saliva.

«Va bene,» disse sottovoce. «Te ne racconto una di quelle che non ho mai confessato a nessuno. Una giornata… in cui mi sono fatta due uomini diversi, nello stesso giorno.»

Michele trattenne il fiato, un lampo di gelosia e di eccitazione che gli attraversò lo sguardo. «Due? Nello stesso giorno?»

«Sì.» La voce di Stefania era bassa, quasi un sussurro. «Il pomeriggio con Edoardo. La sera con Matteo. Due cazzi diversi, due orgasmi diversi. E io li ho voluti entrambi.»

Michele sentì il sangue pulsargli alle tempie, il cazzo già duro sotto i pantaloni. «Racconta tutto,» ordinò. «Dal primo all’ultimo dettaglio.»


«Era pomeriggio,» cominciò Stefania, la voce bassa mentre la sua mano accarezzava il cazzo di Michele, «ed ero appena uscita dall’ufficio. Indossavo un vestito a fiori leggero, con un cardigan sottile e i sandali bassi. Non mi ero nemmeno cambiata: non avevo tempo, e sapevo che a Edoardo non sarebbe importato. Lui mi voleva così, com’ero. Cruda, disponibile, senza troppi fronzoli.»

Michele si leccò le labbra, inquieto. «E lui?»

«Jeans, t-shirt nera, la barba di due giorni. Mi aspettava davanti al portone del suo appartamento. Era un bilocale piccolo, pieno di disordine. Pacchi di sigarette vuoti, posacenere strapieni, lenzuola stropicciate sul letto. Odore di fumo, e basta. Nessun romanticismo. Solo voglia di scopare.»

Michele serrò la mascella. «Vi siete baciati?»

«Sì.» Stefania sorrise, maliziosa. «Appena chiusa la porta. Mi ha spinta contro il muro e mi ha baciata con una foga che quasi mi toglieva il fiato. La sua lingua era ruvida, impaziente. Mi ha sollevato il vestito con entrambe le mani e ha infilato subito le dita tra le mie cosce. Ero già bagnata, Michele. Non avevo nemmeno bisogno di fingere.»

«Ti ha fatto venire?»

«Non con le dita.» Stefania strinse di più il cazzo di Michele, aumentandone appena il ritmo. «Ma ci è andato vicino. Mi strofinava forte il clitoride, e io gemevo contro la sua bocca. Poi però mi ha preso per i fianchi e mi ha buttata sul letto, senza perdere tempo.»

Il respiro di Michele si fece più corto. «E ti ha scopata subito?»

«Sì. Si è tolto i jeans, le mutande, e aveva il cazzo già duro. Non enorme, ma bello spesso. Me l’ha infilato dentro con una spinta secca, senza preservativo. Ho urlato, non per il dolore, ma perché lo volevo da morire. Lui affondava forte, missionario, con il peso del suo corpo sopra al mio. Io gli graffiavo la schiena e lo incitavo a non fermarsi.»

Michele chiuse gli occhi, gelosia e piacere che gli ribollivano dentro. «E sei venuta?»

«Sì, Michele. Una volta. Mi ha scopata finché ho sentito la figa stringersi attorno al suo cazzo. Ho bagnato tutto il letto con i miei umori. Poi lui ha cambiato posizione: mi ha preso di lato, la gamba alzata, e ha continuato a spingere dentro finché non è venuto. Mi ha riempita di sborra calda, sentivo il seme che colava fuori subito dopo.»

Stefania lo guardò negli occhi, serrando la presa sul suo cazzo pulsante. «E sai qual è stata la cosa peggiore? Non era ancora sera, e io avevo già la figa piena della sborra di un altro. E non mi bastava.»


«Dopo che Edoardo è venuto dentro di me,» riprese Stefania con un tono più lento, «sono rimasta un attimo sdraiata sul letto, con le gambe aperte e la sua sborra che mi colava tra le cosce. Lui era già andato a fumarsi una sigaretta sul balcone. Non c’è stato un abbraccio, non c’è stata tenerezza. Solo io, con il cuore che mi martellava e la pelle che bruciava di piacere.»

Si leccò le labbra, il sorriso sporco, mentre la sua mano stringeva più forte il cazzo di Michele. «Mi sono rivestita in fretta, ho salutato a malapena e me ne sono andata. A casa ho fatto una doccia rapida, ho tolto l’odore di fumo di dosso, ma non quello che sentivo dentro. Perché, Michele, la figa era ancora calda, ancora segnata dalle sue spinte.»

Michele serrò i pugni, il respiro corto. «E non ti bastava? Dopo un pomeriggio così, non eri stanca?»

«No,» rispose lei, cruda, piantandogli gli occhi addosso. «Ero più carica di prima. Mi ero appena venuta una volta, ma volevo di nuovo sentire un cazzo dentro. È stato proprio mentre mi asciugavo i capelli che mi arrivò il messaggio di Matteo.»

Michele sgranò gli occhi, la gelosia che gli strappava lo stomaco. «E cosa diceva?»

«Poche parole: “Ci vediamo stasera? Ho voglia di te.”» Stefania abbassò lo sguardo, con un mezzo sorriso. «E io, invece di dire di no, invece di sdraiarmi a dormire come avrei dovuto, ho infilato le sneakers, ho messo un vestitino pulito e sono uscita di nuovo. Non mi importava di essere già stata scopata poche ore prima. Anzi, la cosa mi eccitava.»

Michele si contorse, gli occhi che brillavano di rabbia ed eccitazione. «Così sei andata da lui… con dentro ancora la sborra di Edoardo.»

«Sì,» sussurrò Stefania. «Ero bagnata due volte: dei miei umori e della sborra di un altro. E non vedevo l’ora di farmi scopare ancora.»


«Con Matteo ci siamo incontrati davanti a una pizzeria vicino all’università,» cominciò Stefania, la voce bassa, la mano sempre ferma sul cazzo duro di Michele. «Avevo cambiato scarpe, messo un vestitino fresco e le sneakers. Lui era in felpa larga e jeans, con quell’aria da ragazzino affamato. Abbiamo ordinato due margherite, ma non era la pizza che ci interessava. Abbiamo mangiato in fretta, ridendo, e i suoi occhi mi spogliavano già.»

Si sporse un po’ più vicina all’orecchio di Michele. «Appena usciti, è stato lui a dire: “Andiamo da un’altra parte?”. Non ha nemmeno aspettato la mia risposta, mi ha aperto la portiera e ha guidato via veloce. Io ridevo, lo prendevo in giro, e intanto gli appoggiavo la mano sulla coscia, proprio sopra la zip dei jeans. Sentivo il cazzo che si gonfiava sotto il tessuto e lui sudava, cercava di restare concentrato sulla strada.»

Michele serrò la mascella. «E tu? Lo stuzzicavi?»

«Certo. Gli ho abbassato la zip mentre guidava. Ho infilato la mano dentro e gli ho stretto il cazzo, duro e caldo. Mi guardava con gli occhi spalancati, terrorizzato e arrapato insieme. Gli ho sussurrato: “Non riesci nemmeno ad arrivare al parcheggio senza che ti faccia godere?”.»

La mano di Stefania strinse più forte il cazzo di Michele, ritmando le parole. «Quando ha trovato un posto isolato, si è fermato di colpo. Mi ha baciata con foga, la lingua sporca che mi riempiva la bocca. Io gemevo contro le sue labbra, lo spingevo sul sedile e mi sono chinata subito. L’ho preso in bocca con avidità, lento all’inizio, poi più forte. Gli succhiavo la cappella, la leccavo dappertutto, fino alle palle. Lui gemeva, si contorceva, mi teneva la testa tra le mani e mi diceva di non fermarmi.»

Michele ansimò, stringendo i pugni. «E ti ha fatto venire?»

«Ancora no. Ma ero talmente bagnata che mi scivolavano già le mutandine. Dopo un po’ ho tirato fuori dalla borsa un preservativo. L’ho sfilato con le labbra, gliel’ho messo sul cazzo succhiandolo ancora attraverso il lattice. Lui era impazzito.»

Stefania abbassò la voce, lenta, cattiva. «Poi mi ha presa a pecorina sul sedile posteriore. Il vestito alzato, il culo all’aria, e il cazzo che mi entrava tutto dentro. Ho gridato, Michele, perché mi apriva di nuovo la figa che poche ore prima era già stata scopata e riempita da Edoardo. E sai cosa mi eccitava di più? Che dentro di me c’era ancora un po’ della sua sborra. Matteo mi stava scopando nella figa che portava addosso il pomeriggio di un altro uomo.»

Michele gemette forte, lo stomaco che gli si attorcigliava.

«Spingeva forte, le sue mani sui miei fianchi, io con la fronte contro il finestrino che si appannava. Gemevo senza riuscire a fermarmi. Sentivo il suo cazzo che pulsava dentro il preservativo, gonfiarsi a ogni colpo, e intanto mi faceva godere. Sono venuta di nuovo, piegata sul sedile, con la sua voce che mi spingeva più in basso.»

Stefania guardò Michele dritto negli occhi, accelerando la masturbazione. «Poi è venuto anche lui, riempiendo il preservativo mentre gemeva come un animale. Io cadevo in avanti, sfatta, e ridevo tra i gemiti perché in meno di dodici ore avevo avuto due cazzi diversi dentro di me.»


Stefania non smetteva di muovere la mano. La sua pelle scivolava sul cazzo duro di Michele, ormai lucido e gonfio. Lui respirava a scatti, lo sguardo perso, diviso tra rabbia e desiderio.

«Lo senti?» sussurrò lei, avvicinandosi all’orecchio. «Due uomini nello stesso giorno. Uno che mi ha scopata nel pomeriggio e mi ha riempita di sborra, e un altro che la sera mi ha presa di nuovo nella stessa figa, con dentro ancora il sapore del primo.»

Michele gemette, stringendo forte il bracciolo del divano. «Basta, Stefania…»

«No,» ribatté lei, la voce roca. «Non basta. Voglio che tu venga adesso pensando a me che succhio un cazzo in macchina, mentre la sborra di un altro mi cola ancora tra le gambe.»

La mano accelerò, la cappella gli sfuggiva tra le dita umide, calda, pronta a esplodere. Michele cercava di trattenersi, ma la voce di Stefania lo schiacciava.

«Hai capito, amore? Io venivo con Edoardo nel pomeriggio, e poi venivo ancora con Matteo poche ore dopo. Due orgasmi, due cazzi. E tu sei qui, che stai per venire solo ascoltando.»

Michele gemette più forte, i muscoli tesi, e il suo cazzo esplose nella mano di Stefania. Fiotti caldi di sperma gli schizzarono sul ventre e sulle sue dita. Il suo corpo si contorse in un orgasmo che era rabbia e piacere insieme.

Stefania lo guardò ansimare, poi si portò le dita sporche alle labbra e le succhiò lentamente, senza smettere di fissarlo. «Adesso sei venuto anche tu,» disse piano, «ma ti brucia, vero? Ti brucia sapere che io in quella giornata ho goduto due volte con due uomini diversi.»

Michele chiuse gli occhi, esausto, il respiro ancora spezzato. Non rispose. E Stefania sorrise, soddisfatta: sapeva che lo aveva ferito e acceso nello stesso istante.

Image by garetsvisual on Freepik

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