Il salotto era illuminato solo dalla lampada in un angolo. Stefania e Michele erano sul divano, i bicchieri di vino vuoti sul tavolino. Lei aveva le gambe piegate sotto di sé, i capelli sciolti che le cadevano sulle spalle; Michele stava sdraiato accanto, con la testa appoggiata allo schienale.
Stefania lo fissava, un sorriso appena accennato. «Vuoi sapere qual è stata la volta più dolorosa che ho avuto con un uomo?»
Michele alzò lo sguardo, sorpreso. «Dolorosa?»
Lei annuì piano. «Sì. Non la più romantica, non la più dolce. La più dolorosa. Ma anche una di quelle che non ho mai dimenticato.»
Michele aggrottò le sopracciglia. «E perché dovrei volerlo sapere?»
Stefania avvicinò la mano al proprio sesso, sopra i jeans, e la guidò a premerla tra le cosce. «Perché ti ecciterà, amore. Ti farà impazzire di gelosia. E intanto sentirai quanto mi fa effetto raccontartelo.»
Michele deglutì, il respiro più veloce. «Chi era?»
Stefania abbassò lo sguardo, la voce roca. «Un ragazzo di Tinder. Si chiamava Niccolò. Voleva scoparmi il culo. E io gliel’ho lasciato fare.»
«Era l’autunno del 2024,» continuò Stefania, con tono di confessione. «Avevo 48 anni, e lui ne aveva appena 26. Niccolò, istruttore di nuoto. Corpo scolpito, pelle sempre arrossata dal cloro, quell’aria di chi sa di piacere.»
Si leccò le labbra, fissando Michele. «Ci siamo incontrati in un parcheggio isolato. Io coi jeans stretti e un top leggero, lui t-shirt e felpa. Ci siamo baciati subito, con foga, come due che non vogliono perdere tempo.»
Stefania strinse più forte la mano di Michele tra le cosce. «Siamo finiti sul sedile posteriore. Ci siamo spogliati in fretta. Ricordo la sensazione quando me lo sono trovata in mano. Il cazzo giovane, bello, grosso il giusto, cappella larga e liscia, vivo. L’ho accarezzato, godendomi la sua durezza, il suo odore. Pensavo solo a quanto sarebbe stato bello sentirmelo dentro.»
Abbassò lo sguardo, sottovoce: «E non sapevo ancora che non si sarebbe accontentato della mia figa.»
«All’inizio è stato tutto veloce,» continuò, stringendo la mano di Michele. «Ci siamo baciati, io sopra di lui, i jeans buttati a terra. Ero già bagnata solo dall’idea di farmi scopare in macchina da quel ventiseienne. Mi sono messa a cavalcioni, l’ho guidato dentro di me. La cappella larga all’ingresso, e poi tutto dentro d’un colpo. Ho gemuto forte, lui mi ha stretto i fianchi e ha iniziato a spingere dal basso.»
Ogni colpo mi riempiva, le mani sulle spalle, le tette contro il suo viso. Sbatteva dentro, e io ansimavo, persa solo nel suo cazzo.
«Ero pronta a venire, sopra quel ventiseienne che pompava senza preservativo. Sentivo il suo calore, la cappella che mi apriva. Pensavo: così voglio che venga, dentro di me, a riempirmi.»
«A un certo punto ha cambiato gioco. Mi ha infilato una mano dietro e mi ha sputato sul culo. Ho sentito il dito che premeva, veloce, senza delicatezza. Ho capito subito cosa voleva.»
Avrei potuto fermarlo, ma sono rimasta lì, il cuore che batteva e la figa ancora piena di voglia. Volevo vedere fin dove sarebbe arrivato.
Ha tolto il cazzo dalla figa e lo ha puntato dietro. La cappella larga spingeva contro il mio buco stretto. Bruciava subito, era grosso. Non si è fermato: ha spinto, centimetro dopo centimetro, finché la punta è entrata. Ho gemuto, di dolore.
E non era la prima volta, ma mai così. Mai con quella brutalità. Mi ha aperta a forza, ogni spinta uno strappo, la pelle che cedeva. Mi mordevo le labbra per non urlare, ma dentro pensavo sì, lascialo fare, voglio sentire fino a che punto mi spacchi.
Quando è entrato tutto, mi sentivo spezzata in due. Avevo il suo cazzo piantato nel culo, gemevo di dolore. Ma quel dolore mi eccitava lo stesso. Mi piaceva essere scopata così, senza pietà.
All’inizio solo dolore. Ogni colpo un bruciore, il cazzo che mi dilatava. Stringevo i denti per non urlare, poi il mio corpo ha cominciato ad abituarsi. Il dolore si è fatto più sordo, i gemiti sono cambiati.
Era il gusto di lasciarmi violentare consenziente, di farmi scopare solo come buco. Niccolò mi teneva stretta, affondava, rideva piano, soddisfatto. Io gemevo e invece di scappare restavo lì, ad assorbire tutto. Più mi faceva male, più mi sentivo eccitata.
C’era un momento in cui pensavo di spaccarmi, ma la figa pulsava, pronta. Ho iniziato a toccarmi, a strofinarmi contro di lui mentre mi scopava il culo. Il misto di dolore e brivido mi faceva godere.
Sentivo umiliazione, ma venivo lo stesso. Il corpo gridava sì, mentre la testa diceva che era troppo.
Ad un certo punto le spinte sono diventate più violente, rapidi. Mi teneva bloccata, le mani piantate sui fianchi, affondava fino in fondo, e io urlavo dal dolore. Sentivo il cazzo che mi apriva, che pulsava. Ho capito che stava per venire quando sentivo tutto gonfio e duro.
Ho gemuto forte, tra piacere e sofferenza. Poi l’ho sentito: la sborra calda che mi invadeva, densa, a scatti. Un’ondata dopo l’altra che bruciava dentro e mi faceva tremare le gambe.
Era senza preservativo. Mi riempiva il culo, mentre io a quarantotto gemevo come una puttana. Sentivo ogni fiotto, e stringevo i muscoli per trattenerlo dentro.
Quando si è ritirato, il cazzo è scivolato fuori, il buco restava dilatato e il calore colava lentamente. Bruciava, ma ero eccitata da morire. Mi piaceva sapere che mi aveva lasciato così.
Il salotto era avvolto nel silenzio. Michele fissava Stefania, la sua donna accanto a lui, che gli aveva appena confessato di essersi fatta scopare il culo da un ventiseienne, senza preservativo, fino a farsi venire dentro.
Stefania lo guardò con un sorriso lento, crudele. La sua mano, che fino a poco prima guidava quella di Michele tra le cosce, scivolò sul suo cazzo duro sotto i pantaloni. Lo liberò, lo prese in pugno e cominciò a segarlo piano, senza smettere di parlare.
«Lo senti, amore? Io che gemivo di dolore mentre lui mi apriva. Io che mi lasciavo riempire il culo di sborra calda, senza dirgli di fermarsi. Io che godevo proprio perché mi faceva male.»
Michele gemette piano, chiudendo gli occhi, i muscoli tesi. Stefania si chinò vicino al suo orecchio, continuando a masturbarlo con colpi più rapidi.
«Sei geloso, vero? Pensi a quel cazzo grosso che mi spaccava il culo. A me che tremavo e gemevo, nonostante tutto. È questo che ti fa esplodere.»
Con un grido soffocato, Michele venne. Il suo cazzo pulsò tra le dita di Stefania, spruzzando caldo sul suo ventre e sulla sua mano. Lei lo guardò ansimare, devastato e soddisfatto insieme, e si leccò piano le labbra, come se avesse ancora il sapore di quel ricordo.
«Bravo amore,» sussurrò, stringendolo ancora un po’. «Anche tu sei venuto nel mio culo.»




