Stefania si era tolta le ciabatte e si era sdraiata sul divano, un plaid leggero sulle gambe nude. Michele le sedeva accanto, stanco e distratto, finché lei non gli prese la mano e gliela guidò verso i suoi piedi.
«Sai cosa facciamo stasera?» disse, con un sorriso lento e crudele. «Replichiamo. C’era un ragazzo che adorava i miei piedi. Li baciava, li succhiava, li faceva diventare il centro del suo piacere. E tu, adesso, farai lo stesso mentre ti racconto.»
Michele la guardò, confuso, già con lo stomaco che si stringeva di gelosia. «Chi era?»
«Si chiamava Alessio,» rispose lei, più bassa, «venticinque anni, designer. Mi guardava i piedi come se fossero un altare. Vuoi sapere cosa mi faceva?»
Stefania sollevò piano il piede destro e glielo poggiò in grembo, nudo, caldo. Poi il sinistro. Con una leggera pressione delle dita lo costrinse ad abbassare il capo.
«Comincia a baciarli, Michele. Voglio che li adori tu, mentre ti racconto come lo faceva lui. Con Alessio avevo i collant… tu invece senti la mia pelle nuda, viva. È un privilegio che a lui non ho concesso.»
Stefania si inumidì le labbra, la voce roca.
«Così, amore. Leccali, succhiali… e ascolta. Ti racconto di quella volta che Alessio si inginocchiò davanti a me, tremando per l’eccitazione, solo per avere i miei piedi in bocca.»
«Era inverno,» cominciò Stefania con voce bassa, mentre i piedi nudi premevano contro il grembo di Michele. «Ci eravamo conosciuti su Tinder, e lui mi aveva invitata a casa sua per un aperitivo. Abitava in un appartamento ordinatissimo, con le luci soffuse e musica soft in sottofondo. Tutto sembrava studiato per mettermi a mio agio.»
Si leccò le labbra, un sorriso appena accennato. «Io indossavo una gonna sotto al ginocchio, un maglioncino leggero, stivaletti bassi e dei collant velati neri. Appena entrata ho visto il modo in cui guardava le mie gambe. Non negli occhi, Michele. Guardava giù, alle caviglie, alle punte dei piedi dentro i collant. Era già tutto scritto.»
Il piede destro di Stefania scivolò più in alto, sfiorando il ventre teso di Michele. «Abbiamo bevuto un bicchiere di vino, quattro chiacchiere distratte… poi si è avvicinato. Non mi ha baciata sulle labbra, non ha cercato il mio seno. Si è inginocchiato davanti a me e ha cominciato a togliermi gli stivaletti, piano, come fosse un rito.»
Un gemito basso le uscì dalla gola, quasi un brivido nel ricordare. «Mi accarezzava i piedi ancora coperti dal nylon, li teneva tra le mani come se fossero qualcosa di sacro. Poi ha cominciato a baciarli, piano, sopra i collant. Le sue labbra calde contro il tessuto, la sua lingua che mi scivolava tra le dita dei piedi. Io ero sorpresa, un po’ imbarazzata… ma in pochi secondi mi sono accorta che mi stava eccitando.»
Stefania guardò Michele negli occhi, cattiva. «Vuoi che ti descriva cosa si prova quando un uomo si inginocchia e comincia a leccarti i piedi come se fossero una figa?»
«All’inizio mi sono irrigidita,» continuò Stefania, la voce roca mentre osservava Michele piegarsi sui suoi piedi nudi. «Non ero abituata a una cosa del genere. Ero seduta sul divano di Alessio, le gambe leggermente divaricate, e lui in ginocchio che mi teneva le caviglie tra le mani. Mi baciava piano sopra i collant, la lingua che cercava lo spazio tra le dita. Sentivo il calore del suo respiro che mi penetrava nel nylon, e il brivido saliva su per le gambe.»
Il piede sinistro di Stefania scivolò sulla coscia di Michele, lento, mentre il destro gli sfiorava la bocca. «A un certo punto ha cominciato a succhiarmi le dita dei piedi, una a una. La pressione delle labbra sul nylon, la lingua che premeva contro il tessuto… Michele, non avevo mai provato una sensazione così. Era sporco e intimo allo stesso tempo. Ero imbarazzata, sì, ma più mi succhiava e più mi accorgevo che mi stavo bagnando.»
Stefania sorrise, crudele. «Vuoi sapere cos’ho pensato? Che stavo godendo senza che mi toccasse la figa. Solo con la sua bocca sui miei piedi. E questo mi faceva eccitare ancora di più, perché significava che mi stavo lasciando adorare come un idolo.»
Si morse il labbro, la voce più bassa. «E tu, Michele… cosa pensi sapendo che un altro uomo, giovane, tremava per baciarmi i piedi mentre io gemevo sul suo divano?»
«Dopo un po’ non si è più accontentato di baciarmi,» continuò Stefania, la voce calda mentre osservava Michele che le teneva i piedi tra le mani. «Si è slacciato la cintura e se l’è tirato fuori, duro, gonfio. Poi si è sdraiato a terra, ai piedi del divano, e mi ha guardata negli occhi: “Fammi godere con i tuoi piedi”, mi ha detto. Non me l’aveva mai chiesto nessuno, Michele. Mi tremavano le mani mentre mi spostavo un po’ in avanti sul divano e gli poggiavo i piedi sul cazzo.»
Il piede di Stefania scivolò piano sul ventre di Michele, a imitare quel gesto. «Sentivo il suo cazzo caldo e pulsante sotto le piante dei miei piedi coperti di nylon. Ho iniziato a muoverli piano, stringendo l’asta tra le suole, facendolo scorrere avanti e indietro. Lui gemeva già, la testa buttata indietro, le mani che mi stringevano le caviglie per guidarmi.»
Un brivido le percorse la schiena. «Più premevo, più il cazzo diventava duro. La cappella scivolava tra le dita dei piedi, lucida di pre-sborra, e io pensavo che avrei potuto farlo venire solo così, senza nemmeno toccarlo con le mani. Era eccitante, Michele, mi sentivo potente.»
Stefania si sporse verso di lui, gli occhi lucidi di malizia. «Vuoi sapere se l’ho fatto venire così, amore? No, non ancora. A un certo punto si è rialzato, mi ha afferrato le cosce e mi ha spostato la gonna. Ha tirato giù i collant all’altezza del cavallo e si è messo a leccarmi la figa. Lungo, lento, come se volesse dimostrarmi che non adorava solo i miei piedi. La sua lingua mi scivolava ovunque, le labbra che succhiavano piano, e io gemevo forte, con i piedi ancora appoggiati sul suo cazzo duro.»
Si inarcò un po’, stringendo le cosce. «È stato una delle leccate più intense che ricordi, Michele. Non si staccava, mi faceva vibrare tutta la pancia. E io non riuscivo a smettere di pensare che poco prima lo avevo fatto godere con i piedi. Era tutto collegato. Mi ha fatto venire così, con la bocca, mentre gemevo e stringevo le lenzuola.»
Stefania abbassò lo sguardo, la voce improvvisamente più lenta. «Dopo che mi aveva fatto venire con la lingua, io ero stanca, sudata. Pensavo di fermarmi lì. Ma lui no… voleva di più. Si è messo davanti a me, in ginocchio, con il cazzo duro che gli pulsava contro la pancia. Mi guardava come a chiedermi di prenderlo in bocca.»
Un sorriso storto le piegò le labbra. «E io… no, non subito. Gli ho detto che non mi andava, che non ero lì per quello. Gli ho preso i polsi, ho cercato di spostarlo. Ma lui non si muoveva, e io lo vedevo duro davanti al mio viso. Così ho allungato i piedi e gliel’ho stretto di nuovo tra le piante. Ho cominciato a segarlo con i piedi, piano, su e giù, mentre lui gemeva forte.»
Michele si irrigidì, la mascella serrata. «E non gliel’hai succhiato?»
Stefania scosse la testa, gli occhi cattivi. «Ti sto dicendo la verità: con i piedi gli bastava. Ho continuato a stringerlo, a muovermi finché l’ho sentito pulsare forte. Ero convinta che sarebbe venuto così.»
Michele rimase in silenzio, ma il suo sguardo la trapassava. Stefania sorrise piano, abbassò la voce. «Va bene, amore… ti confesso il resto. Non ho resistito a metà. Volevo farlo godere davvero. Così, mentre lo tenevo coi piedi, mi sono piegata in avanti e ho passato la lingua sulla cappella. Una leccata lenta, il gusto salato della sua pelle. E poi un’altra. E alla fine gliel’ho preso in bocca, ma solo un attimo, giusto per farlo gonfiare ancora di più.»
Si morse il labbro, la voce sporca. «E allora è venuto. Forte. Fiotti caldi mi hanno schizzato sui piedi, sul nylon che era già umido. Lo sperma colava sulle dita e io me lo spalmavo addosso con le piante dei piedi, mentre lui gemeva in ginocchio davanti a me. Ho lasciato che mi sporcasse tutta, e ti giuro, Michele… ero eccitata come una troia. Perché non stava venendo nella mia bocca o nella mia figa, ma sui miei piedi. Come se fossero il centro del mondo.»
Stefania allungò le gambe, poggiò i piedi nudi contro il petto di Michele e lo spinse leggermente indietro. «E tu, amore? Tu che adesso me li stai baciando… riesci a immaginarti la scena? I miei piedi pieni di sperma di un altro?»
Michele teneva i piedi di Stefania tra le mani, li baciava con furia, come se volesse cancellare l’immagine che lei gli aveva appena messo in testa. Ma ogni volta che chiudeva gli occhi li rivedeva: i piedi di Stefania ricoperti di sperma giovane, il viso di lei acceso di eccitazione.
Stefania lo guardava dall’alto, crudele e dolce allo stesso tempo. «Così, amore… baciameli. Fallo come faceva Alessio. Ma tu non sei come lui: tu sai che mentre lo fai ti rode la gelosia, e io godo a fartela provare.»
Michele gemeva piano, il cazzo duro che gli premeva contro i pantaloni. Stefania gli infilò il piede sotto, lo strinse proprio lì, facendogli sfregare la cappella contro la pianta nuda. «Lo senti? Ti faccio godere coi miei piedi, come facevo con lui. Solo che tu, mentre vieni, penserai a lui che mi sporcava tutta.»
Il respiro di Michele si fece spezzato, la fronte imperlata di sudore. Stefania spinse di più, accarezzandolo col piede, la voce che diventava un sussurro sporco. «Dai, vieni per me. Vieni pensando ai miei piedi che colano di sborra. Vieni, amore… riempi la mia pelle come faceva lui.»
Con un gemito strozzato Michele esplose, il cazzo che pulsava sotto la pianta del piede di Stefania. Fiotti caldi bagnarono il tessuto dei pantaloni, mentre lui si contorceva, diviso tra piacere e rabbia.
Stefania sorrise, lo accarezzò piano con le dita dei piedi sporchi del suo seme. «Adesso sì, amore. Adesso hai capito cosa vuol dire essere geloso e venire lo stesso. E sai che io godo a dirtelo così, a spizzichi e bocconi, fino a quando non mi implori la verità.»




